MANUTE BOL

DUE E TRENTUNO

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Il mondo è probabilmente troppo distratto da Ghana-Australia o Camerun-Danimarca per accorgersi che Manute Bol è morto a 47 anni, quasi 48, al culmine di una serie di sfighe umane e sanitarie che – per la classica beffa del destino – avevano colpito proprio lui, un uomo buono, ma davvero.

Manute Bol era nato nel Sudan ed era alto 2 metri e 31. In altre epoche (oggi, per esempio) poteva finire dritto in uno spettacolo sui fenomeni da baraccone, intervistato da Paola Perego o Barbara D’Urso e pagato con regolare cachet. Invece vuole la leggenda che un osservatore americano lo abbia scovato in Sudan durante un torneo giovanile e se lo sia portato negli States. Non sapeva  leggere e scrivere, e non sapeva nemmeno giocare tanto bene a basket, sport che iniziò a fare seriamente a 15 anni. Imparò a fare tutte e tre le cose. Ha giocato nell’Nba per dieci stagioni: le prime cinque tanto, le ultime poco, fermato a più riprese dagli infortuni alle ginocchia. Del resto, quando si è alti 2,31 e fino a 16-17 anni si è vissuto in Sudan facendo il pastore, il minimo che ti possa capitare è di avere due gambette da airone.

Se sei alto 2 e 31, insomma, non ti si può chiedere la luna. E’ già tanto se stai in piedi e ti muovi con buona coordinazione, tantopiù se in campo hai attorno nove cristoni statuari costruiti pezzo per pezzo e che a 15 anni studiavano al college e facevano due allenamenti al giorno, mica guardavano le pecore. E quindi Bol di canestri non ne ha fatti tanti. In compenso, ne ha evitati una marea. Se sei alto 2 e 31 prendi rimbalzi e, soprattutto, stoppi. Nella sua prima stagione, ai Washington Bullets (oggi Wizards), ne ha date quasi 400. E’  stato miglior stoppatore Nba per due stagioni. E’ tuttora presente nei primi posti (primo, secondo, terzo) in quasi tutte le statistiche all-time e delle stoppate. E’ il secondo all-time per le schiacciate per partita (5). Una volta ne fece 11 in un tempo e due volte 8 in un quarto.

Questo filmato si apre con la sua impresa più incredibile: quattro stoppate nel giro di due secondi, nella stessa azione, durante una partita di Washington contro gli Orlando Magic. Poi cambiò varie squadre, ebbe ancora un paio di stagioni buone con i Golden States (qui, in una partita, segno sei triple, roba da matti) e con Filadefia, poi a Miami il primo infortunio serio che innescò gli altri, a catena.Washington, Filadelfia e Golden States lo ripresero a turno, ma furono solo comparsate.

Tornò in Africa. Lo chiamò subito Forlì, ma lui era già in fase molto calante. Giocò due partite in Italia, non andava, lo tagliarono. Se ne tornò in Sudan, molto ricco. E, dicono i suoi biografi, i soldi li spese tutti per sostenere la guerriglia sudanese che si opponeva al regime. Quando cambiò tattica, e si attivò per una mediazione di pace, fu accusato di voltafaccia e si fece molti nemici anche tra quelli che sovvenzionava a suon di bonifici. Non smise mai di aiutare la sua tribù ridotta alla fame. Ebbe un sempre sacco di casini per viaggiare e soggiornare a causa della sua cittadinanza sudanese, casini che dopo l’11 settembre divennero quasi invalicabili. Peregrinava tra Sudan, Egitto e Stati Uniti senza potersi mai fermare troppo i nessuno dei tre posti.  Sono arrivati i problemi economici e poi quelli fisici. In Africa hanno sbagliato una cura e un medicinale gli ha causato una grave malattia alla pelle. Aspettava la pensione dell’Nba per poter tornare a vivere negli Stati Uniti, in regola con le leggi. E’ morto qualche ora fa, in un ospedale della Virginia.

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MANUTE BOLultima modifica: 2010-06-20T00:58:00+02:00da admin
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