LA CENA DEL TRIPLETE

TI SCATTERO’ UNA FOTO

Alla fine eravamo in otto. Sette subito, l’ottavo arrivato con un colpo di scena nel finale, tipo tiro da 40 metri al novantesimo. Serata molto piacevole, al termine della quale abbiamo convenuto che no, non è necessario vincere per forza tre titoli per fare un giro di telefonate e concedersi una mangiata in santa pace. Quindi lo rifaremo. Giusto. Ci pensavo degustando un tortino caldo fatto e guarnito di cioccolati vari: l’anonimato aveva i suoi vantaggi ma anche i suoi svantaggi, tipo rinunciare a qualche ora di puro relax a tinte nerazzurre.

Comunque la cosa migliore sono state le foto.

La prima foto. Osteria. Scolate le prime due bottiglie di bonrda chiediamo all’oste di farci la foto. Mentre porgiamo la macchina fotografica al medesimo, spuntano alcni gadget nerazzurri, tra cui maglia non tarocca e maglietta tamarra celebrativa del triplete. Al che l’oste ha un mancamento: “Siete interisti?” Sì. “Tutti?” Sì. “No, non ce la faccio”. Posa la macchina e se ne va, in preda a una crisi esistenziale. L’oste gobbo è stato il suggello alla riuscita della serata. Con professionalità avrebbe continuato a servirci i suoi piatti migliori, ma si vedeva lontano cento metri che li avrebbe conditi volentieri con il Guttalax e che solo la questione alfanumerica (eravamo pur sempre in sette, e il conto si faceva via via più pingue) gli consigliava di lasciar perdere con le rappresaglie o i duelli all’arma bianca. La foto, comunque, non la farà lui. La vista della maglia con quelle due tinte a lui così lontane lo aveva turbato profondamente, come se avesse visto due pattuglie della Finanza parcheggiare fuori dal locale. Convoca dunque una cameriera che si presta volentieri al giuoco, senza peraltro confidarci per quale squadra faceva il tifo, nè se effettivamente conosceva quel giuoco che noi comunemente chiamiamo calcio.

 

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La seconda foto. Pagato il giusto guiderdone, insieme all’ottavo, ormai effettivamente aggregato alla compagnia, ci dirigiamo verso un luogo caratteristico e popolare della città, che peraltro non risulterà dalle foto (ma l’importante è il pensiero). Facciamo la foto? Facciamo la foto. Ma ormai siamo lontani dall’osteria e quindi non c’è oste che ci possa salvare. Bisogna fermare un passante per scongiurarlo di scattare la storica immagine. Passano, dopo alcuni minuti, un ragazzo e una ragazza. “Ci fate la foto?” Ma certo, dicono i due con un largo sorriso. Che però si spegne quando tiriamo fuori la maglia? “Argh! Interisti?” La ragazza istintivamente fa il gesto di buttare la macchina nel fiume, ma poi ci ripensa per il quieto vivere. “Sei gobba anche tu?” “No, milanista” dice con la voce increspata dall’imbarazzo, come se Totò Riina e Bernardo Provenzano e il mostro di Marcinelle e Adolf Hitler e Pietro Gambadilegno e Al Capone e Luciano Moggi e Maria De Filippi le avessero chiesto di scattare una foto. Dopo una lunga trattativa scatta e se ne va, biasciando una frase del tipo “Vabbe’, dai, tra 45 anni ne riparliamo”. Il proprietario della macchina fotografica controlla la riuscita delle foto. La milanista non ne aveva scattata neanche una. Forse aveva premuto un tasto sbagliato. Forse non lo aveva neanche premuto. Effetto Marsiglia.

 

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La terza foto. Otto uomini delusi e indignati aspettano così il passaggio di un altro passante. Che arriva. E’ un giovinotto cui chiediamo subito, in via preliminare, se avesse problemi a fotografare degli interisti. Lui bofonchia una cosa del tipo “del calcio non me ne frega un cazzo” e ci guarda come per dire “ma figa, non avete altro da fare?”. Comunque ci mettiamo in posa, lui scatta, la foto viene. In fondo era tutto ciò che chiedevamo. Viva l’Inter, viva la libertà, viva la fotografia come forma d’arte, viva la gente che rosica e ci fa stare bene, ma tanto bene, come nemmeno la bonarda saprebbe fare. Baci e abbracci, alla prossima.

 

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LA CENA DEL TRIPLETEultima modifica: 2010-06-04T18:05:00+02:00da admin
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