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MOGGI

AVERE UN CERTO CORAGGIO

 Non erano balordi di provincia, non erano un fruttivendolo, un dentista, un ex centravanti malato di scommesse. Erano l´amministratore delegato e il direttore generale della Juventus, e il vice presidente della Federcalcio. Erano il massimo del potere possibile. Erano un enorme nucleo di pressioni, complicità, clientele. Erano i piloti occulti di arbitri e arbitraggi. Erano un´associazione a delinquere (sentenza di Napoli su Giraudo, tre anni di galera in primo grado). Erano: e non saranno mai più. Il calcio sporco di oggi prende atto di una grave, importante, attesa sentenza sul calcio sporco di ieri. Perché sporco è sempre. Ma quella era sporcizia di sistema, era “la cupola”. Aberrante, altamente inquinante: citiamo il giudice. Meglio tardi che mai. «Mi hanno rubato l´anima», disse Lucianone. Quasi peggio che rubare le partite. Se non eri loro amico, diventavi un nemico. Se non accettavi favori e resistevi alle intimidazioni, eri fuori dal gioco. Perché volevano giocare solo loro, truccando le carte. Questa Italia dalla memoria corta ha ancora permesso a Moggi di fare l´opinionista: patetico, qualche sera fa al Tg1, ascoltarlo dissertare di scommesse, dopo avere perso per sempre la sua. Eppure la Juve rivuole indietro uno degli scudetti di questa banda: serve del coraggio anche solo per chiederlo.

 Maurizio Crosetti, Repubblica, pag. 65

MOGGIultima modifica: 2011-06-16T17:09:00+02:00da
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