ETO’O

ITO’O

Alla fine tutto ‘sto Eto’o era un po’ come Ibra, no? Gran professionista, gran giocatore, grande incassatore di ingaggi e grande inseguitore di nuovi obiettivi. Più di Ibra, rimarrà nei nostri cuori perché legato all’anno migliore della nostra storia. Come Ibra, se ne va un po’ così, con l’aggravante che non ne arriverà un altro uguale, anzi meglio, come capitò con loro due quando si scambiarono la (nostra) maglia. Che verrebbe un po’ da dire che a noi ci ha rovinati la Champions: prima ci ha regalato il più incredibile affare sul mercato che l’Uomo ricordi (Ibra per Eto’o più un trilione, ahahah, ancora oggi è una cosa che mi mette di buonissimo umore) e poi ci ha tolto un po’ tutto, a piccoli pezzi, perché dopo un’impresa mostruosa e pressochè irripetibile non ci sono cazzi, le cose cambiano, vieppiù se nel frattempo – oltre agli occhi di tigre – vedi svanire il tesoretto di famiglia e anche il tuo presidentissimo è costretto a fare il T-Rex del calciomercato, creatura immane e generosa dentro ma col braccino corto fuori. Bambole, non c’è una lira. Oggi arriva qualche rublo e vedremo cosa frutterà.

E a noi e a Eto’o cosa ci ha fregato? Che la missione si è compiuta troppo in fretta? Oh, sia chiaro, va benissimo così. Avercene di giocatori che entrano nella tua vita di tifoso e fanno come quell’antica signora della pubblicità, che arrivava presto, andava via presto ma non puliva il water (leggasi: non bacerò la vostra maglia e un giorno – non so quando, ma presto – me ne andrò). Eto’o, grazie di tutto. Oggi diventi il giocatore più pagato della storia, congratulations. A parte questo, cosa tu vada a fare in Russia, alla periferia del calcio, ancora non me lo spiego. Tu, l’uomo delle finali, l’uomo dei tituli, l’uomo che la mette quando conta. I casi sono due: o tra qualche mese, colto da insopprimibile nostalgia per il pallone vero, ti farai acquistare da qualche sceicco con sede sociale più spostata in Occidente; oppure – e mi piacerebbe, dico sul serio – porterai l’Anzhi in Champions e prometerrai miracoli. Ma non ci credo che vuoi davvero giocare in Daghestan, no, non sono mica pirla.

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