AMAURI

SMETTETELA

Magari un giorno la faccio ‘sta classifica: le cinque cose che mi hanno più rotto i coglioni nel 2009. Comunque fornisco volentieri un’anticipazione: una delle cinque è di sicuro la questione di Amauri, della sua cittadinanza italiana e del suo fottuto passaporto bipolare. A parte la durata di questa storia, ormai estenuante, è tutto ormai talmente intriso dell’arroganza della gestione lippiana da diventare una faccenda estremamente fastidiosa.

Ma chi cazzo è Amauri?

Voglio dire: è un Rooney, è un Messi, è un Cristiano Ronaldo? Perchè nell’ultimo anno e mezzo mi è toccato vedere (giusto un’occhiata: di leggere oltre mi sono rotto la minchia) titoli su titoli sull’iter della cittadinanza italiana di questo giocatore di pallone, come se la qualità intrinseca della spedizione italiana ai Mondiali in Sudafrica dipendesse esclusivamente dalla presenza o meno di Amauri?

Amauri è Cassano letto al contrario. Lippi non convocherà mai Cassano neanche se gli estirpassero una palla con una pinza da carpentiere. Non lo convocherà di fronte a nessuna risultanza: se sarà capocannoniere, se farà due assist a partita, se la Samp vincerà il campionato. Non lo farà – al di là delle convinzioni personali e tecniche, che sono legittime, le sua tanto quanto le nostre e dell’Italia intera – perchè gli hanno troppo rotto le scatole e piuttosto che cedere, fare un passo indietro, ripensarci, beh, farebbe qualsiasi cosa. Amauri, invece, sarà convocato, ma in virtù stesso procedimento logico e psicopatologico: gli hanno talmente rotto le palle su Amauri, e lui ha evidentemente dato il suo placet e si è così tante volte esposto nel frattempo su questa operazione giuridico-sportiva, che non farà alcun passo indietro e lo porterà a forza, forse anche se il giocatore – per assurdo – rifiutasse. Cassano a casa, Amauri in Sudafrica. E tra quelli che rimarranno a casa possiamo già aggiungere Supermario, un Cassano nero, ugualmente rompicazzo e inaffidabile (a livello di gruppo e di individuo). Che siano molto forti e in grado (forse i due italiani più in grado in assoluto) di risolverti la partita, questo non conta. Sebbene in una competizione come i Mondiali (gironcino insidioso, poi partite secche), avere un jolly (e noi ne avremmo addirittura due) sarebbe manna, noi non porteremo jolly.

Ma invece avremo Amauri.

Sia chiaro: non è mica scarso, anzi. Quando è in forma, poi, è uno che indubbiamente la mette. E mi piace la qualità dei suoi gol: alla Juve ancora non tanto e non tanti, per fortuna, ma altrove ne ha fatti di bellissimi. Poi capita (proprio mentre ci si sbatte per fargli avere il passaporto) che non segni per nove mesi. E vabbe’, capita, anche ai migliori.

Ma tutta ‘sta mobilitazione per Amauri ha un senso? Se non è Ronaldo, Messi o Rooney – e siamo d’accordo che non lo è – perchè tutta questa forzatura? E’ davvero un pezzo unico e irrinunciabile? Siamo così messi male che non c’è uno meglio di Amauri?
Andremo in Sudafrica con metà della rosa (metà della rosa, sottolineo) di reduci berlinesi. Quindi con max una dozzina di nomi nuovi rispetto a quattro anni prima. In quattro anni non abbiamo trovato uno come o meglio di Amauri? Debbo confessare che lo sfogo di Pavel Pazzini non mi sembra così fuori registro. Pazzini nell’ultimo anno la mette più di Amauri, è punta centrale, ottimo in acrobazia, splendido del rotolare in area all’occorrenza (ai Mondiali serve sempre uno così): perchè rischia di rimanere a casa, mentre la burocrazia sportiva italiana spinge Amauri?
Lippi se ne fotte di noi. Se ne fotte di Cassano, di Balotelli, delle proteste, delle domande dei giornalisti, dell’opinione pubblica, degli altri 60 milioni di cittì. L’operazione Amauri è concettualmente arrogante come Lippi. E Lippi ha una sola soluzione davanti per giustificare la sua condotta: vincere il Mondiale. Se lo farà, scenderemo tutti in piazza a fare casino e lui diventerà senatore a vita. Ma se non lo farà, un’enorme pernacchia lo seguirà nel tragitto dalla Federazione alla Juve, un percorso già preparato nei minimi particolari. Compreso quello di convocare in Nazionale tutti i suoi futuri giocatori, tra cui un brasiliano.
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