FENOMENI

LA PAGINA A SINISTRA

Mai come oggi mi sono sentito mosso a pietà per Berlusconi. Dio mio, non avete trovato struggente la vicenda di quest’uomo preso a palate di merda via sms da Sara Tommasi? No, dico: Sara Tommasi. Sarà anche per questo stravolgimento interiore che, giunto alle pagine dello sport, sono rimasto turbatissimo dalla concomitanza di due notizie che aprivano le rispettive pagine – la morte di Rubini e la quasi-morte di Riccò -, due notizie di epoche e di tenore diverso, due funerali dello sport.

ricco.jpgSpero – per la sua salute, e un po’ anche per la nostra – che Riccardo Riccò venga finalmente radiato e si trovi un lavoro vero, che lo induca a vivere una vita normale, senza per forza dovere andare a 50 all’ora in bicicletta e tradire continuamente se stesso e noi, per quanto mediamente si possa ancora credere al ciclismo e a tipi come lui. Riccò da dieci anni vive sul filo delle regole. Quand’era dilettante, e le sanzioni erano all’acqua di rose, lo avevano fermato più volte per l’ematocrito alto, finchè una commissione medica decise che lui l’ematocrito ce l’aveva alto per i cazzi suoi (non so se vi ricordate la storia dell’atrazina. Ecco). Passato professionista, nel 2008 fa il giamburrasca al Tour, vince tappe, rimonta, mostra la lingua, e poi lo inculano a sangue (i francese che s’incazzano), lo trovano positivo, gli fanno passare una notte al gabbio e lui, candido, alla fine confesserà di essersi riempito di Cera. Due anni di squalifica, torna, riprende a correre, a vincere e a fare il bullo. Poi un bel giorno tira fuori una sacca di (suo) sangue dal frigo, se la reimmette in vena e a momenti ci resta secco. Si pompano tutti? Sarà. Nello sport ci si pompa che è una bellezza. C’è gente che a momenti ci è restata secca e adesso fa la dirigente del Coni, per dire. Quindi c’è disonestà e c’è facciadaculaggine. E chissà cos’altro ancora. Che almeno i più spudorati si facciano da parte.

Cesare_Rubini.jpgTutto questo era nella pagina a destra. Nella pagina a sinistra c’era l’addio a Cesare Rubini, che se n’è andato a 87 anni. Oggi un Rubini sarebbe impossibile. 60 e passa anni fa, invece, appena dopo la guerra, c’era un tizio – Rubini, appunto – che veniva convocato in Nazionale per due sport diversi. D’inverno giocava a pallacanestro e andava in Nazionale perchè era tra i migliori (forse il migliore). D’estate giocava a pallanuoto e andava in Nazionale perchè era tra i migliori (forse il migliore). Sì, certo, oggi sarebbe impossibile. All’epoca c’era più spazio e meno stress. Così Rubini nella pallanuoto ha vinto un oro e un bronzo alle Olimpiadi e un oro e un bronzo campionati europei, più sei scudetti. E nel basket sei scudetti da giocatore (e un argento agli europei) e nove da allenatore tutti a Milano, più una Coppa Campioni, una Coppa Coppe e varia altra robetta. Era – come Bearzot, come Zoff, come quella gente lì – uno di quei personaggi che parlavano poco e facevano tanto. Era un leader pazzesco: nei suoi club, di entrambi gli sport, fece il capitano e poi l’allenatore-giocatore. Non credo che nel 1947 e nel 1948 (gli anni dell’attività no-stop e delle doppie convocazioni in entrambi gli sport) la gente si dopasse. Erano anni in cui dovevi principalmente ringraziare i tuoi genitori per averti dato un fisicaccio, e poi dovevi procedere con le tue gambe, la tua passione, il tuo talento, i tuoi coglioni. Chissà se Riccò, nel leggere cosa dicono di lui i giornali nella pagina a destra, avrà dato distrattamente un’occhiata alla pagina a sinistra. Che in sè, per lui, è un po’ come una sentenza, moralmente non meno dura di quella che presto gli arriverà tra capo e collo.