NAPOLI-INTER 3-1

PICCOLI, COSI’

napoli, inter, cavani, alvarezMa quando finisce? Di preciso, quando finisce? Questo finale è di una tristezza indicibile. Infortuni e sconfitte, sconfitte e infortuni. Non c’è nemmeno gusto. Per gli altri, dico. Siamo una squadra dimezzata, triturata, sconquassata. Non si può nemmeno fare i tifosotti: a chi dai la colpa? A nessuno. Perdi – perdi le partite, perdi i pezzi – e bòn, aspetti la partita successiva. Oddio, aspettare non è il verbo giusto. No, non c’è un verbo adatto. Non ci si può nemmeno godere il rigore concesso dopo 784 partite. Non si riesce a fare una polemichetta a proposito, una battuta sarcastica. Scivola via tutto, flusssh.

Mentre facevo la conta delle sconfitte, degli infortuni e dei gol di Cavani, mi è venuta in mente la feroce polemica di inizio campionato, quella che aveva fatto sbroccare Strama: l’Inter provinciale. Era un’Inter sì, diciamolo, un pochino provinciale – fisica, cinica, essenziale, ruvida – che però vinceva, che fuori casa non ne sbagliava una, un’Inter che si sarebbe issata al secondo posto in campionato, che avrebbe passato in scioltezza diciassette turni di Europa dell’Est League. In questo finale di campionato, falcidiati dagli infortuni oltre ogni limite, e desolati nell’anima – come biasimarli? -, siamo diventati provinciali davvero. Le perdiamo quasi tutte, scendiamo in campo con formazioni incredibili, lasciamo sul campo tendini e bicipiti femorali, peschiamo dalla panchina volti e cognomi misconosciuti. Un’Inter alla Chievo, per dire. Questo 2013 è una iattura, anche il momento migliore – Inter-Tottenham – si è ammantato di sfiga e di sconfitta. Serve finirla al più presto, serve riposo, serve staccare. Servono forze fresche, forze vere. Serve già un sacco di roba e siamo solo al 5 maggio. Il 5 maggio, già. Tutto ha un senso, sinistro.