IL RITORNO DI SETTOREH

ER PENOMBRA

E quindi mi reco al Palio dei Quartieri, una corsa serale di 6 chilometri spaccati che si svolge interamente nella mia città, ma in un rione che da sempre mi mette l’ansia. Se un giorno qualcuno mi rapisse, mi bendasse, mi imbavagliasse e mi portasse in questa zona, e poi mi facesse uscire dalla macchina con un calcio in culo e mi dicesse “sei libero, chiama la polizia ma non prima di dieci minuti, non fare scherzi pezzo di merda”, ecco, una zona della città che dista 2 km da dove lavoro e 3 km da dove abito – voglio dire, non è in Amazzonia o nel Kurdistan: ci potrei andare a piedi tutti i giorni, se solo ce ne fosse un motivo -, no, ecco, dicevo, io mi perderei, non saprei dire dove mi trovo di preciso, probabilmente morirei di fame e di sete, troverebbero il mio scheletro nelle fogne dopo un secolo e mi getterebbero in una fossa comune, o  forse in un cassonetto dell’umido.

Io in questa zona mi ci perdo anche di giorno. Ma una sera ci sono andato perchè c’era la farmacia di turno, ci sono andato senza navigatore, senza Tuttocittà. E’ stato terribile. E quando finalmente ho ritrovato la via di casa, ore e ore più tardi, il farmaco era scaduto.

Giuro.

Poi c’è un secondo difetto. E’ una zona buia. L’illuminazione stradale fa cagare. Mi stupisco che le automobili  parcheggiate abbiano ancora tutte e quattro le ruote e che non ci siamo palazzi saccheggiati e dati alle fiamme dai vandali. O magari queste cose succedono regolarmente e io non lo so, perchè lì non ci vado mai perché ho paura e quando mi nominano questo quartiere io mi chiudo le orecchie e faccio lallalalllallalallala.

Comunque stasera c’era il Palio dei quartieri e ci sono andato, perchè il podismo richiede anche scelte nette e coraggiose. Mancavo alle garette da due mesi e gli altri, al mio palesarmi, mi guardavano con stupore. Al che io ho detto: “Sì, lo so che siete stupiti di vedermi qui, lo confesso, io ho paura di questo posto, non ci vengo mai, mi perdo sempre, mi angoscia, le cavallette, le cavallette!”. Ma uno mi fa: “No, è che sei dimagrito”. Poi me lo dice un altro, e me lo dice anche un’altra, non più mestruata. E io aleggio tra la soddisfazione di essere dimagrito e la considerazione che, se adesso tutti mi dicono che sono dimagrito, vuol dire che due o tre mesi fa

ero orribilmente grasso.

(sospiro). Quindi comincio a fare riscaldamento, le strade si popolano, il sole tramonta e siamo ormai nella penombra. Le vie sono regolarmente illuminate, ma con lampadine da 15 watt tipo comodino moscio. Mi schiero come sempre in coda al gruppone, pam!, il via con la pistola, non me l’aspettavo, quasi svengo dallo spavento perchè sono nervoso, questo posto mi rende isterico, ho paura di morire in qualche anfratto e che nessuno reclami il mio corpo, e poi figa, diciamolo, ero grasso da fare schifo e nessuno me lo diceva.

Ora però sono magro e parto con una certa baldanza. A me piace molto partire per ultimo, perchè nessun invasato ti rompe il cazzo da dietro e, viceversa, puoi superare molte persone e questo aiuta molto l’ego, soprattutto quello di un ex obeso. C’è un gran trambusto, non mi danno l’anima, cerco soprattutto di non inciampare, supero qualche donna, qualche centenne e qualche uomo poco fit. Chiudo il primo km in 4′ 33″, in pieno relax.

C’è buio, non c’è un cazzo di nessuno in giro se non dei poveri di spirito in macchina tenuti a freno dai vigili. Ma anch’io, se abitassi qui, userei la macchina: come puoi fidarti a girare da queste parti? No no no, non ci penso nemmeno. Il pensiero di finire in fretta la corsa mi mette le ali. Assecondo le mie gambe che vanno senza problemi. Corro. Voglio dire: per quelle che sono le mie medie, corro forte. Me ne accorgo e mi piace. Sento appena il bip del Garmin che mi dice che il secondo km l’ho fatto in 4′ 10″. 4′ 10″? No, è pazzesco.

A questo punto, impressionato da me stesso, decido di non fare il fenomeno e imposto la velocità di crociera. Rimonto altra gente. Nessun pesce grosso, ma ultimamente non rimontavo neanche i pesci piccoli. Bene, mi sento contento. Tranquillo. Vado. Terzo km in 4′ 25″.

Non ho più bisogno di tirarmi troppo il collo. Continuo così. Rimonto ancora quattro o cinque peones. Li supero. La penombra adesso quasi mi piace. Ci fosse Tim Burton piacerebbe anche a lui. Poi penso che Tim Burton qui si perderebbe. Vabbe’, comunque il quarto km lo chiudo in 4′ 31″ senza alcun affanno.

Nel corso del quinto chilometro – ho ancora molto da dare, non mi sento morire di stenti come al solito – accadono cose turche. Esauriti i pesci piccoli, cominciano ad apparire i pesci medi, quelli che ultimamente vedevo con il binocolo. Raggiungo e supero la zia di Paula Radcliffe, poi il cugino stinto di Paul Tergat. Supero Fantazzini con una tale noscialàns che Fantazzini mi farà i complimenti all’arrivo. Il superamento di Fantazzini è la prova che sto andando bene. E’ tornato il vecchio Settoreh, quello che un anno e mezzo fa soccombeva a duemila affezioni respiratorie prima durante e dopo la maratona di Milano, quello che un anno e due mesi fa scopriva di avere la spina calcaneare bilaterale, quello che dopo la sosta forzata non era più riuscito a trovare il feeling.

Quello obeso, tra l’altro.

Chiudo il quinto chilometro in 4′ 21″ in piena erezione podistica. Di solito vado spegnendomi e qui invece, in questo quartiere buio e inospitale, riprendo, vado, proseguo, mi attizzo. Risalgo come un salmone tra i pesci medi. Vedo a 50 metri Chiesarini, poi lo vedo a 40, 30 eccetera. Lo affianco e lo supero. Anche Chiesarini è andato. E qui, all’improvviso, mi appare lui:

Perdenzio Perdi.

Perdenzio Perdi è il mio riferimento podistico, il mio metronomo esistenziale. Se mi batte di molto: faccio cagare il cazzo. Se mi batte di poco: sono mediocre/vado benino (a seconda del mio umore). Se me la gioco: sto bene. Se lo batto: sto molto bene. Nell’ultimo anno e mezzo il mio ruolino di marcia nell’eterno confronto a distanza con Perdenzio segnava:

fai estremamente cagare il cazzo.

Mi stropiccio gli occhi, cerco di metterlo a fuoco nella penombra schifosa di queste strade illuminate con la minchia fritta. E’ lui, è lui! Lo prendo, lo affianco, lo saluto:

“Ciao Perdy”

e vado. Vado! Mentre lo supero so già di avere fatto una enorme cazzata: mancheranno ancora 6-700 metri all’arrivo, pagherò questo mia ingordigia, questa mia ubris*

* ora, onestamente, ditemi voi in quale altro blog potete leggere così a cuor leggero di ubris.

Comincio a sentirmi stanco, non vedo l’arrivo, stringo i denti, lo sento che sto rallentando cazzo, ma devo farcela, dai, faccela, faccela, faccela ex-grande obeso, dai, vai, ci siamo.

Ci siamo quasi.

Appare il gommone rosso dell’arrivo. La dirittura finale è orribilmente lunga, o almeno mi appare così. Provo ad accelerare ma non ce la faccio, vado sempre alla stessa velocità. A un certo punto, a 200 metri dall’arrivo, sento un rumore tipo mantice alla mia destra, un rumore animalesco, come di un facocero che mi sta attaccando, un facocero con le scarpe da running e il pettorale.

E’ Perdenzio.

Sta sprintando a 3 al chilometro, forse 2, o forse 1, ecco sì, 1 al chilometro, e mentre lo vedo che mi supera provo per lui una certa ammirazione, perchè questa gara non conta un cazzo nè per me nè per lui, arriveremo chessò centesimo e centunesimo, ma lui ci tiene, ha provato l’onta di vedersi superare da Settoreh – non accadeva da un anno e mezzo abbondante – e allora sprinta, rischia l’infarto, la sincope o almeno uno strappetto, ma sprinta, sembra Bolt diobono, guarda come sprinta, guarda che faccia ha, oddio, sprinta e mi precede al traguardo. Lo ritroverò dopo la fatidica linea piegato in due, gli darò una pacca sulla spalla e gli dirò:

“Grande sprint, Perdy”

e lui, ansimando, mi dice:

“Sei venuto su benissimo, bravo”.

Sono venuto su benissimo, sì. Ultimo km in 4′ 30″, media gara 4′ 26″. Che grande serata di sport, santa madonna. Nella penombra è tornato Settoreh, Perdenzio mi teme, Fantazzini è stupefatto e il finale di stagione – mi tocco i coglioni – sarà caldissimo. Viva il podismo, viva lo sport, viva l’Italia, viva l’Inter, Chelsea ridicolo, Juve merda vaffanculo. Mi hai sentito? Vaf-fan-cu-lo.

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(nella foto, lo sprint finale Perdenzio-Settoreh)