IL PUGNO INVISIBILE

ESSERE GIOVANNI PARISI

 

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L’Italia arrivò all’ultimo giorno delle Olimpiadi del 1988, quelle di Seul, con appena 4 ori. Quel giorno lì – era domenica 2 ottobre – però ne vinse altri due, bellissimi. Gelindo Bordin nella maratona e Giovanni Parisi nel pugilato, pesi piuma. Due ori che ho visto dal letto, sul mio televisorino a colori. Perchè erano delle maledette Olimpiadi con il fuso orientale – due settimane di notti saltate o spezzate – e le nove di mattina di Seul era l’una di notte in Italia. E fu quello il momento in cui Parisi salì sul ring. La sua era una storia già fin troppo bella. Partire da Voghera – da casa mia – e arrivare alla finale olimpica mi sembrava di per sè una figata astronomica. Ma poi il modo, accidenti. Giovanni aveva avuto un’infanzia difficile, al limite della povertà. Poi era entrato nella palestra dell’Associazione Boxe Voghera e lì era sbocciato. Dal 1980 al 1988: in otto anni dal nulla al tutto, dalla sfiga totale alla finale per la medaglia d’oro. A Voghera la palestra è dentro l’ex-caserma di cavalleria, in quelle che una volta erano le stalle dei cavalli. La caserma, che è in pieno centro, l’hanno rifatta pezzo per pezzo, quasi tutta. Ora c’è la biblioteca, un po’ di uffici comunali, i vigili e una scuola media. Ma è enorme e ci sono ancora dei pezzi da rimettere a posto. Ecco: la palestra della boxe è sempre stata nei pezzi da mettere a posto, spostata regolarmente per mettere a posto dei pezzi, ma non il suo. Ancora oggi c’è una porta sbilenca, una targetta sopra. Entri è c’è uno stanzone che odora di pugilato, quel mix tra cuoio e sudore che puoi trovare solo lì.

I tre della foto raccontano tutto di quella notte. A sinistra c’è il marocchino sconfitto in semifinale da Parisi. Si è rotto il polso dando un pugno a Giovanni: no, per dire. A destra c’è Daniel Dumitrescu: sembra lo zio di Parisi, mentre in realtà ha qualche mese di meno. Ha lo sguardo stordito di uno che non ha ancora capito bene cosa è accaduto: racconterà che se ne sarebbe accorto solo nel pomeriggio, con una certa nitidezza, che aveva vinto l’argento, cioè perso l’oro. Quello al centro è Giovanni Parisi, nato a Vibo Valentia il 2 dicembre 1967 ma vogherese di adozione. Andi, di più. Vogherese vero, perchè a Voghera è arrivato nel 1971 e ci è sempre rimasto. Ci è anche morto, la sera del 25 marzo 2009, schiantandosi contro un furgone sulla tangenziale, a tre minuti dal cancello di casa, che beffa.

Ecco, ci ho scritto un libro. Ho vissuto nella sua vita in questi ultimi cinque o sei mesi, un’esperienza strana e densa e coinvolgente. Perchè da vogherese e da giornalista pensavo di conoscere più o meno tutto di lui, ma in realtà non conoscevo quasi niente. Ho cercato cose e, soprattutto, visto gente. Ho parlato con i suoi amici, i suoi familiari, i suoi secondi padri. Ho aiutato Silvia, la moglie, a mettere mano ai ricordi, anche quelli dolorosi: ci vedevamo la mattina presto, al bar dove andava Giovanni, e parlavamo di lui tra un cappuccio e una brioche. E poi ho messo tutto insieme. C’è tanto sentimento: il suo – era un ragazzo buono ma a tinte forti – e anche il mio, che mi sono appassionato a raccontare questa storia dall’inizio alla fine in un modo un po’ particolare, alternando  storia e fantasia, pugilato e vita. C’è un termine podistico che mi piace molto: correre a sensazione. E’ quando corri senza fare calcoli, seguire tabelle, darsi un ritmo. Corri come viene, seguendo l’istinto del momento, la voglia, il piacere. Ecco: ho scritto a sensazione. Ho lasciato scorrere la storia e gli sono andato dietro.

Il pugno invisibile, quello del titolo, è il pugno con cui Giovanni Parisi mette giù Dumitrescu dopo 101 secondi del primo round. Un pugno che non si vede, tanto è bello e veloce (non per nulla Parisi lo chiameranno Flash). Prima e dopo quel pugno c’è la vicenda umana e sportiva di un campione vero, un grande talento, un ragazzo che si è fatto da sè, un esempio fantastico di grinta e di tenacia. Una parabola che parte da una favela di Voghera, si issa sul tetto del mondo (medaglia d’oro olimpica, due corone mondiali, 12 match iridati) e ridiscende verso un finale dolente, amaro, struggente. A scrivere questa cosa mi sono divertito e ho fatto una gran fatica, tipo una maratona. E sono soddisfatto e fiero come dopo 42 chilometri fatti di corsa. Il libro è questo, esce martedì 16, mi piacerebbe lo leggeste anche voi. Ah, dimenticavo: Parisi, ovviamente, era un interista totale.

 

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IL PUGNO INVISIBILEultima modifica: 2010-11-12T02:00:00+01:00da admin
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