ARISA

BARABAM

In questi giorni di indicibile tristezza

(voglio mandare un abbraccio a tutti gli amici di Ferrara, Modena, Mantova, Bologna, Brindisi. Voglio mandare un abbraccio a tutti gli amici di tutta Italia, e anche a quelli che stanno fuori dall’Italia. Non voglio dire enormità e nemmeno banalità. Non voglio dire cose inutili. Stiamoci vicini, ecco, stiamoci vicini)

c’è una questione sulla quale – lo faccio per creare un po’ di sollievo generale, se possibile, anche solo per tre minuti – non ci si è soffermati abbastanza, per ovvie ragioni, ma sulla quale sono state dette una marea di cazzate. La questione è quella dei fischi all’inno italiano prima della finale di Coppetta. No, niente, mi sono deciso a scrivere perchè poco fa ho letto un pezzo su Repubblica in cui il sociologo Domenico De Masi afferma che chi fischiava l’inno all’Olimpico di Roma in realtà fischiava “la classe politica, la crisi economica, la mancanza di lavoro e l’evasione fiscale”.

Bum!

Un passo avanti nella teoria seconda a quale, più semplicemente, alcune migliaia di spettatori dell’Olimpico fischiavano il nostro inno nazionale, il simbolo musicale di una nazione intera, l’inno di Mameli.

Ari-Bum!

Ora, come certo saprete, io considero i tifosi – me per primo, illustre rappresentante della categoria dei tifosotti e quindi tifoso al cento per cento – una simpatica risma di decebrati con un topo morto al posto del cervello. Eppure, a nessun decerebrato come me sarebbe potuto venire in mente di fischiare l’inno nazionale 12 ore dopo che una ragazzina di 16 anni veniva ammazzata da una bomba mentre entrava nella sua scuola. Certo, in questi giorni di attentati, terremoti veri e terremoti elettorali faceva più colore parlare di fischi all’inno nazionale, creava più indignazione (come se non fossimo abbastanza tristi e indignati), consentiva di scrivere più articoli e di rilasciare dichiarazioni contrite e fintamente nobili. Nessuno che si sia soffermato sulla vera ragione di quei fischi:

Arisa.

Che poi lei, in realtà, non c’entra niente. La colpa è degli stessi che si indignano per Mameli e invece non si rendono conto di avere provocato questo stucchevole episodio designando Arisa come interprete dell’inno nazionale a cappella in uno stadio (no dico, uno stadio!)

Lo spiego in tre passaggi:

1) mettere a) una donna b) cantante di Sanremo e c) giudice di talent show, oltre che d) personaggio un po’ macchiettistico, una specie di cartone animato umano, ecco, mettere questa qui al centro di uno stadio occupato per la gran parte da tifosi uomini, cioè – io per primo – la feccia dell’umanità, un’accolita di rozzi rancorosi personaggi che non aspettano altro che vedere la partita come se fosse l’ultima cosa che vedono in vita, beh, è stato un atto suicida. Ma a chi cazzo è venuto in mente? A cantare l’inno ci mandi un tenore, o un soprano, ci mandi un coro. Non ci mandi una donna con le tette che ballano mentre raggiunge la metà campo e i tacchi 12 eccetera eccetera. Ragazzi, uno stadio! Un luogo testosteronico se ce n’è uno! Una donna-fumetto! Arisa! Ma mandaci la Ricciarelli, mandaci Bocelli. Cazzo, ci mandi Arisa! Non Madonna all’Halftime show del Superbowl. No, Arisa in Coppa Italia.

2) l’inno di Mameli è una marcia. Ora, cantare a cappella una marcia è di per sè un azzardo musicale. In più, l’inno di Mameli ha un vuoto, una pausa non cantata. E lì anche i Manhattan Transfer si sarebbero incasinati, figuriamoci Arisa. Perchè a un certo punto, come noto, l’inno di Mameli non ha più parole ma solo musica, e la musica fa

barabam barabam baraba-babba-babbam!

3) e in quel preciso istante, ecco, quando Arisa col braccino roteante ha invitato lo stadio – come fosse a Sanremo, a X Factor, a un villaggio Valtur o alla sagra del pesce marcio di Montalfeo – a fare

barabam barabam baraba-babba-babbam!

ecco, io mi sono sentito morire. Sono stato male per Arisa. E se avessi avuto per le mani il presidente della Lega, il presidente della Federcalcio o il vero responsabile della scelta di Arisa per cantare a cappella l’inno di Mameli (lo cantava come l’avrebbe cantata una ragazzina delle scuole in prima fila al 25 Aprile), li avrei fatti inginocchiare sui ceci nel cerchio di centrocampo e, reggendogli il microfono, li avrei costretti a cantare l’inno a cappella, anzi no, li avrei costretti a cantare

barabam barabam baraba-babba-babbam!

per trecento volte. Poi voglio vedere se non li fischiavano. Viva l’Italia, viva Mameli, viva Arisa, viva l’Inter, abbasso la Lega Calcio buffoni vaffanculo.

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ARISAultima modifica: 2012-05-22T13:36:12+02:00da admin
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