TOTTENHAM-INTER 3-0

WHITE HART PAIN

Evidentemente il secondo tempo di Catania è stato, come dicono dalle mie parti, l’uovo fuori dalla cavagna, lo straordinario epilogo di un ben diverso e ordinario andazzo. Escludendo Cluj, nelle ultime quattro trasferte “vere” – Siena, Fiorentina, Catania, Londra – abbiamo preso la bella media di tre gol a partita, e quando le cifre cominciano statisticamente a consolidarsi bisogna guardarsi nelle palle degli occhi e dirsì che sì, ci sono dei problemi, e belli grossi. Dividiamo queste quattro partite in otto tempi, e per sette tempi su otto siamo stati inguardabili, molli, passivi, disorganizzati. Se per vincere una cazzo di partita in trasferta bisogna aspettare gli gli avversari tirino i remi in barca e metterne tre in 45 minuti, la legge dei grandi numeri ci condanna a un triste finale di stagione.

L’Europa League viene vissuta come un problema. Lo è stato da subito: i due turni preliminari, poi le partite di giovedì, poi le trasferte in Kirgizistan, e ora una rosa ridotta all’osso grazie al cocktail micidiale tra infortuni e giocatori fuori lista. E se gli infortuni sono ovviamente una pure questione di sfiga, i giocatori fuori lista conducono a errate programmazioni, oggi imperdonabili. E’ frustrante mettersi a parlare quasi a ogni partita – e siamo al 7 marzo – del parco attaccanti: risicato fin dall’inizio, clamorosamente privo di un vice-Milito che poi, quando è stato acquistato, si è rivelato essere un 37enne fuori forma e nemmeno utilizzabile in Europa. Frustrante, ecco.

Quindi, di che parliamo? L’Europa League virtualmente è finita a Londra, anche se tra sette giorni saremo tutti a fantasticare su quanto potremmo essere pazzi. Ma con 8-9 titolari o para-titolari non utilizzabili, dove vogliamo mai andare? Chi va in campo oltretutto sembra crederci poco, sempre meno, e non è bello. Non è bello prendere gol sul più ovvio dei calci d’angolo (teso al centro dell’area piccola, che schema! che bizzarria!) con difesa schierata, in superiorità numerica di almeno tre uomini e piantata per terra come un palo dell’Enel. La cosa fastidiosa è vedere questa squadra perdersi in un bicchier d’acqua, approcciare le partite con una timidezza irritante, metterci delle mezz’ore per scuotersi (perchè poi bene o male si scuote, qualcosa fa, qualcosina inventa, nel disastro si procura due palle gol clamorose e le butta nel cesso). Dov’è svanito tutto il garibaldinismo di inizio stagione?

Giusto, sì, il clima. Il clima che fino a novembre ci aveva portato di default oltre a ogni ostacolo e che adesso si è fatto pesante. A ottobre la cassanata forse sarebbe stata folklore, adesso è insubordinazione pesante da 40mila euro di multa. Intorno c’è quell’atmosfera livida che resta dopo certi litigi in casa, quando ci si ferisce nel profondo. Potessi togliere oggi, d’incanto, un difetto all’Inter, io toglierei questo spleen calcistico ed esistenziale che a fasi alterne ci ammorba da quattro mesi.

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