MEZZA MARATONA

SAPESSI COM’E’ STRANO

(PRODURSI IN UNA MEZZA A CESANO)

Il 10.10.10 – meno di un mese fa – terminavo la mezza maratona di Pavia in preda ai crampi e correndo gli ultimi 500 metri come Pinocchio quando fugge dai gendarmi. E così, finendo in 1h 38′ 34″ (vi consiglio di appuntarvi da qualche parte questo tempo), mancavo il personale di 17 secondi dopo una gara inaspettata e financo giudiziosa, in cui correvo la seconda metà più veloce della prima, roba da leccarsi i baffi. La storia dei crampi però mi era rimasta qui, e così avevo subito deciso di provare a fare il tempo in un’altra mezza, magari meno difficile e meno ondulata di quella di Pavia. Dopo approfondite ricerche ne trovano una, quella di stamattina:

Cesano Boscone.

Ora, correre a Cesano Boscone nel giorno in cui l’umanità corre a New York è uno straordinario atto di snobismo. Diciamo subito che la mezza maratona di Cesano Boscone è stata molto ben organizzata e tutto è filato molto liscio e faccio i miei complimenti di cuore a quelli del Running Cesanese. Il problema era uno solo:

Cesano Boscone fa cagare.

Non ce l’ho con i cesanesi, cui va tutta la mia solidarietà. Nè voglio lanciarmi in una inutile invettiva contro i casermoni e le periferie di Milano. Diciamo, oggettivamente, che lo scenario non era granchè. Già all’inizio si capisce in che razza di posto ci si fa a ficcare. Le indicazioni: esci all’Ikea e segui per l’Auchan. Diobono. Comunque, who cares? A me importava solo fare il tempo. Partenza affollata, rotonde a non finire, gente lenta mischiata a quella veloce, vabbe’, la solita camorria. Poi finalmente prendo il passo. Non mi sento particolarmente in palla, ma vado decorosamente e al decimo chilometro sono sotto la media del record. Punti di riferimento esterni: nessuno. Finestre, cemento, garage, auto parcheggiate, capannoni. Siccome anche il tempo era molto grigio, potete immaginare quale allegria mi permeasse l’animo.

Ma ripeto: chissenefrega? Io debbo solo fare il tempo, mica prendere la cittadinanza di Cesano Boscone. Verso l’undicesimo, il tizio vestito d’arancio che avevo davanti e avevo preso come lepre personale piega verso sinistra, barcolla, si piega e vomita. In effetti c’è un vento freddino e lo stomaco comincia a far male anche a me. Comunque vado, vado, vado finchè Vomitorius, un uomo vero, mi riprende e mi supera. Al che io scelgo un altro compagno di viaggio, uno stangone con il corpo di Meneghin e la faccia di Pierfrancesco Savino. Con lui familiarizzo e faccio conversazione very polite, accordandomi per percorrere un po’ di strada assieme al fine di fare il tempo (io, lui se ne fotte). Occhei, mi dice lui. Siamo più o meno al tradicesimo e io gli dico: teniamo Vomitorius, poi al sedicesimo facciamo il punto. Occhei, mi fa lui molto ammirato dalla mia determinazione strategica. Al sedicesimo, in effetti, arriviamo abbastanza bene, ancora in bolla per il record. Ma al diciassettesimo mi viene il morbo di Montezuma: cominciano a farmi male stomaco, milza, fegato e testa.

“Sto per morire. Non si può morire a Cesano Boscone”,

dico tra me e me mentre una buzzicona attraversa la strada con un immenso vassoio di paste. Dico a Picchio Meneghin di andare pure, chè sto per ritirarmi e appendere le figa di scarpe al chiodo. Col cazzo, obviously. Rallento un pochino, prendo fiato e dopo un po’ mi rimetto in carreggiata. Diciottesimo. Comincio a fare calcoli. Comincio anche a cedere lentamente. Stringo i denti. Mi supera Hulk Hogan, con cui una volta feci gli ultimi due chilometri di Vigevano in un patto solidale che solo il podismo sa produrre. Cerco di tenere Hulk, ma lui va. In compenso mi sto riavvicinando a Picchio Meneghin, mentre Vomitorius è una macchia arancio un po’ più avanti. Diciannovesimo. Sono ancora vivo. Cerco di non pensare a quei dieci organi del mio corpo che vorrebbero dirmi

“Ma fermati, vecchio imbecille!”

e vado, vado, vado, ormai piuttosto imbastito ma tutto sommato vitale. Ventesimo. Mi dico: ora se hai i coglioni ti metti a sprintare. Dopo 300 metri riprendo la parola e dico: non ho i coglioni. Ma stringo i denti. Guardo il Garmin, faccio calcoli, ormai sento lo speaker, vedo il gommone, mi fa male la pancia, mi gira la testa, sprinto. Riguardo il Garmin, famelico.

1h 38′ 34″. Uguale a Pavia.

Mavaffanculo, dico mentre vedo gente che entra all’Auchan come se andasse alla Triennale.

 

auchan.JPG
MEZZA MARATONAultima modifica: 2010-11-07T23:36:00+01:00da admin
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