RUN & SNOW

IL SENSO DI SECTOR PER LA NEVE

Ad appena due settimane dal mio outing contro il podismo campestre bagnato, stamattina bello bello mi sono presentato al via di una campestre bagnata, bagnatissima, praticamente innevata. Non si tratta di berlusconizzazione della concezione podistica, ma dell’unica coincidenza possibile tra il mio pensiero debole e la corsa immanente: la circostanza che la campestre si disputasse nella storica, affascinante, bella, umida, fredda, inospitale, muffa, insopportabile, sporca e nebbiosa città di Pavia. Talmente sottocasa da rendere davvero eccessivamente snob la decisione di non farla solo perchè faceva un freddo boia, nevicava, il terreno era impraticabile causa neve e fango, sì, quella simpatica puccia di merda che mi rende isterico alla sola vista. No, dai: si va.

Talmente sottocasa che me la prendo mostruosamente comoda. Mi sveglio tardi, faccio colazione tardi, mi vesto tardi. Sono così rilassato che a un certo punto prendo l’iPad per controllare a che ora parte la prima batteria così, per sfizio, essendo io nella seconda, e calcolare bene i tempi di uscita e di trasferimento. E’ a quel punto (sono quasi le 8.30) che mi rendo conto che la prima batteria parte alle 9.15, e mi rendo conto contestualmente di un bel problema: non devo correre la seconda batteria, ma la prima. Al che finisco la vestizione a razzo, parto a razzo e alle 8.45 sono già al tavolino dove mi iscrivo a razzo. A quel punto mi rendo conto che devo correre, che tutto intorno a me è innevato e infagato e che Perdenzio – gli guardo i piedi mentre lo saluto – ha le chiodate.

Il risultato quindi è già scritto, tipo quando l’Udinese gioca contro la Juve.

Perchè non compri anche tu le chiodate?, potrebbe chiedermi il primo pirla che passa per la strada. No. Io sono contrario alle chiodate per una serie di motivi. 1) contrastano con le mie spine calcaneari; 2) sono come il costumone galleggiante per i nuotatori: ti facilitano, e io non voglio essere facilitato; 3) e infine, diciamolo,

sono un po’ da froci.

Mi scaldo un po’ sulla neve (questa frase è molto bella) e mi avvio alla partenza, dove fedele ai miei principi – io, il Mariano Settorini della steppa – mi accomodo in ultimissima fila. Pum! Parto bene e nel primo mezzo chilometro supero i  miei competitor senza chiodi. In lontananza vedo Mamba, che l’altra volta avevo stracciato e stavolta se ne va con facilities (immagino sia chiodato). Nella tundra, lontano da primi ma avvantaggiato sugli ultimi, si staglia già un terzetto: Perdenzio (con chiodi), Johnny Storm (senza chiodi), Mariano Settorini (senza chiodi). Passiamo in quest’ordine al primo dei tre giri e in dirittura mi rilasso e con una falcata degna del miglior Settorini passo Storm. Indi mi attacco a Perdenzio (con chiodi), che si avvantaggia nei tratti più melmosi ma paga dazio quando Mariano Settorini allunga il passo. Passiamo così al secondo giro, lui davanti e io che gli succhio i chiodi. Ma poi, al terzo giro, le gambe mi diventano progressivamente melmose come la melma di questa steppa merdosa Iddio strafulmini chi ha inventato le campestri e soprattutto la neve

(quindi dovrebbe autofulminarsi? Mi rendo perfettamente conto di aver toccato una questione delicata in senso religioso, canonico ed ecclesiastico)

e quindi, con rimpianto ma in piena consapevolezza, lascio andare Perdenzio (con chiodi). Dietro di me c’è il vuoto, vedo in lontananza Johnny Storm e altri sopravvissuti (senza chiodi). Rallento. Arrivo in scioltezza, Perdy è piegato in due per il fiatone e gli faccio i complimenti. Io non ho il fiatone ma ho perso e non sento più i piedi (congelati) e le gambe (melmose). Comincio anche a pensare che farsi due spaghi ai frutti di mare a mezzanotte potrebbe non essere stata una bella idea. Ma io sono così, odio essere facilitato. Mi piace complicarmi la vita, partire per ultimo, fottermi le gambe sulla steppa fangosa. Viva il podismo, forza Inter, Juve melma.

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RUN & SNOWultima modifica: 2013-01-20T13:20:47+01:00da admin
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