IL TEST DI CUPER
in realtà li amo. l’allenatore è un argentino figlio di un camionista morto giovane in un incidente in patagonia, vuol bene alla nonna come se fosse suo padre e sua madre messi insieme, batte forte sul petto dei giocatori quando entrano in campo, così forte che qualcuno poi si lamenta perchè fa male lo sterno. il centravanti grugnisce in italiano, pensa in inglese, tromba in esperanto (nel senso che il suo linguaggio è universale), si fidanza e si sfidanza con ex-veline di eccelsa qualità e gonfia le reti altrui con grande applicazione. il presidente ha il numero di telefono sulla guida, se chiama un tifoso lui si mette lì a parlare, il giorno della partita siccome ha fretta scende in rosticceria e compra un cartoccio di patatine fritte mentre la moglie (lei ambientalista-chic, lui con l’hobby del petrolio) cucina l’arrosto, piatto notoriamente lungo da preparare specie prima di una partita che inizia alle tre. lo sponsor passa indifferentemente dalle gomme ai cavi ai telefoni, occupando il tempo libero con la squadra del cuore e un ex-modella tunisina con la vocazione agli yacht club e alla rivincita sociale. ma li amo, nonostante tutto. forse per questo lascio pezzi di cuore sui sedili degli stadi. non sapevo da dove partire e partirò da qui, dal 5 maggio 2002. 9 euro solo la prevendita. già questo doveva farmi capire un po’ di cose.