BAYERN-INTER

MARZENFEST

(ovvero: la sottile linea bianca)

C’è stato un preciso istante in cui alcuni milioni di uomini di mondo – cioè noi – hanno capito che le cose stavano clamorosamente prendendo la giusta piega. E che no, non era fatta, tutt’altro, per carità, c’era ancora da pedalare e segnare due golletti: ma si poteva fare. Anche al di là – questo è il bello – dell’apparenza. Che era inequivocabile: il Bayern faceva futbol bailado e noi bailavamo.

Il preciso istante è compreso dell’interminabile replay offerto da Sky dell’azione del quasi-gol quasi-autogol. Ribery serve Leroy Gomez – l’incubo sempiterno di Julio – che in acrobazia plastica la mette. Naaaaaaaa. Anzi no, non la mette. Wow! La palla infatti è colpita con un effetto tale che, combinato con il moto di rotazione e rivoluzione terrestre e con il teorema di Archimede, assume una traiettoria perfettamente parallela alla linea di porta, da cui dista 2 centimetri fratto 3,14 a una velocità sempre decrescente per effetto dell’attrito dell’aria e dell’erbetta bavarese offerta dal gruppo Allianz.

E qui, magico, entra in azione il replay a scansione termonucleare globale, che consente di apprezzare l’incredibile successione degli eventi. Che dal vivo durano diciassette millisecondi, mentre al replay – di una nitidezza emozionante – durano 17 decametri.

(lo so che il decametro non c’entra nulla, ma erano quasi otto anni che volevo usare in un post la parola “decametri”)

Sulla palla si avventano alla velocità della luce l’attaccante tedesco dei tedeschi Hansi Muller e il difensore americano dell’Inter Andy Little Frog. Little Frog arpiona di destro per spazzare via, ma il suo rinvio – il replay dura un quarto d’ora, nel frattempo finisce il primo tempo – incoccia nel piede proteso di Hansi Muller, che vibra come un velopendulo. Il pallone così torna verso la porta ma finisce sul palo, e dal palo torna in campo sfiorando l’orecchio di Little Frog, dirigendosi poi verso le mani di pastafrolla di Julio che lo prende come se niente fosse.

Come se lungo la linea di porta, nel giro di sette millimetri quadrati, non fosse successo di tutto.

E’ chiaro che se un pallone del genere, attraverso tutte queste peripezie, non entra in porta, beh, allora si può davvero fare qualunque cosa. Si può riprendere in mano una partita che ti sfugge, riaquisire la posizione eretta, tornare in possesso delle proprie facoltà e – per farla breve – inculare questi poveri bavaresi che ormai tremeranno per tutta la vita al solo pensiero, un giorno, di poter incrociare di nuovo l’Inter. E se Van Gaal alla fine mi faceva quasi tenerezza, ho pensato anche a Ibra che prendeva il telecomando e lo sbatteva sul cuscino, dicendo

“Fanculo!”

mentre Raiola gli diceva

“uagliolanneprossimetotrovolasquadraggiustapotteiamme”

e mentre io, esaurite le ultime operazioni di guardia al casello, mi recavo a El Bocho a santificare questa festa con una birra, bevanda quantomai a tema, pensando a quanto è forte Eto’o (che ci hanno dato pure 700 milioni di conguaglio).

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