NEFTCHI BAKU-INTER 1-3

QUEI BRAVI RAGAZZI

Per ogni priapismo, compreso quello europeo, bisogna aspettare, uh se bisogna aspettare. Non è che adesso organizzo uno spettacolo piromusicale*

* (l’ho appena letto su un manifesto giù in strada: alle ore 22 spettacolo piromusicale. Vorrà dire che bruciano quelli che suonano?)

perchè abbiamo vinto a Baku, che non so manco dov’è, dieci giorni dopo aver perso in casa con il Sienu. Però direi che ci si può rilassare un attimo e bersi un cafferino sereni. Non è del tutto banale vedere l’Inter che parte con quattro nati negli anni Novanta in formazione titolare (era mai succeso in gara ufficiale? non credo) e che proprio questi tre di questi quattro segnano i gol di una vittoria fuoricasa in una coppa europea, a quattro ore e rotti di aereo da Milano. Non era Mendrisio-Inter, era l’Europa League in cui tutto sommato si partiva da un quadro non dei più rosei (esordio con pareggio in casa, e nemmeno bello) e che quindi richiedeva attenzione. Ci vai, metti i baby in campo, un paio di rientranti da infortuni, uno uscito recentemente dal campo tra le contumelie, una bella shakerata e gliene metti tre agli azeri. Boh, a me pare una cosa buona.

Nella pagina accanto, voglio dire, qualcuno avrà letto di un Napoli con qualche riserva in campo che ne ha beccati tre in Olanda. Non voglio paragonare il Psv al Baku, ma vorrei comunque paragonare tre gol presi a tre gol fatti, e – questo mi è piaciuto – la semplicità con cui li si è fatti, che magari dipende un po’ dalla scarsezza degli avversari ma magari no. Ci sono cose palpabili (vittoria, punti, gol) e cose impalpabili, tipo rispondere in tempo reale ai cugini a tre giorni dal derby. Che poi  tutto questo, in quanto impalpabile, ha un’alta probabiità di sfumare nel frattempo. Ma le cose impalpabili hanno spesso un loro perchè, parlando di pallone.

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(nella foto, Obi Obi Martins)