INTER-GENOA 1-1

BUON NATALE

(oddio, buono: diciamo discreto)

Al netto degli infortuni, delle condizioni fisiche, delle difficoltà di formazione, della scarsa brillantezza, di un mese e mezzo così così, delle scelte del mister, della vigilia natalizia, del freddo intenso e dell’orario di merda (tutte cose su cui potremo discutere a lungo e nessuno di noi ha tempo, diciamolo) (io odio il Natale. No, non è vero, non lo odio: diciamo che non lo stimo), vabbe’, insomma, io parlerei un momento di Livaja. Il giovane vecchio, o il vecchio giovane.

Però una premessa va fatta.

Avete presente quando si ha una fretta della madonna, si parte in ritardo, ti monta l’angoscia, sì, insomma, quelle cose che capitano quasi a tutti, sul filo dei minuti o dei secondi. Sì, dai, quando tutto sembra infierire contro di te: semafori, meteo, contrattempi, gli dei, tutto. Ecco. Quelle classiche situazioni in cui alla domanda “Scusa eh?, ma non potevi partire dieci minuti prima?” ognuno di noi, con gli occhi iniettati di sangue, risponderebbe

“Fatti i cazzi tuoi!”

e al culmine dell’ansia stai per arrivare, ci sei vicino, sei quasi in orario, quasi, e vedì 50 metri più il là un posto in cui parcheggiare, ti ci avventi ma c’è una vecchietta col bastone che attraversa la strada. Molto piano, a passi incerti. Ti ringrazia con un cenno della mano. Tu sei lì fermo davanti alle strisce come Schumacher davanti ai semafori rossi. La vecchietta è quasi fuori dallo specchio della porta. Ma intanto uno ti ha fottuto il posto. E tu, cazzo, esplodi in improperi contro le donne, le vecchie, le donne vecchie, le donne che attraversano, le donne che non attraversano e ancora sulle donne in generale (le cose peggiori).

Ecco: rapportato a Inter-Genoa, Livaja è la vecchietta.

Nel senso che lui ti ha fatto perdere il parcheggio, ma tutto il resto (tutto quello che è avvenuto prima) non è colpa sua. E però si prende tutte le madonne, con qualche ragione.

Più che altro, una cosa vorrei far notare a Livaja. Che alla sua fottutissima età, quando uno ti mette un pallone davanti alla porta, sarebbe più normale vedere uno catapultarsi sul suddetto pallone e tirare una di quelle vangate che ti ricordi per anni e sfondare la rete. Sarebbe più normale, messa così, arrivarci a tremila all’ora e – piuttosto – spedirla al secondo blu. Il risultato sarebbe stato lo stesso, certo. Ma ne faccio una questione di energia, di cazzutaggine, di foga. Quella loffetta di polpaccio dritta sul palo, una loffetta alvarezziana, mi è rimasta proprio qui, come due chili di cotechino in giorno di Natale, lui, il cotechino, e quelle stramaledette lenticchie di merda e il pandoro del cazzo che poi devi correre 170 chilometri per riavviare il metabolismo. Non lo stimo, il Natale. E fate il carbonio 14 a Livaja.

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