JULIO E MAICON

AVANTI I PROSSIMI

L’addio in contemporanea di Julio Cesar e Maicon segna davvero l’inizio di un’altra Inter, più di ogni evento e di ogni avvicendamento verificatosi in questi ultimi due anni anni post-2010. Julio Cesar e Maicon sono stati il simbolo di un’Inter nuova e vincente, capace di trovare sul mercato due semisconosciuti che sarebbero diventati i migliori al mondo nel loro ruolo. Incredibile, a ripensarci. La stessa Inter che fino a pochi anni prima subiva le sfighe di Ronaldo, cannava clamorosamente gli scambi col Milan, si macerava nell’attesa di Adriano, sospirava davanti alle inutili imprese di Vieri e Recoba, comprava mezzi giocatori a mazzi. Quell’Inter lì sette anni fa, con un allenatore giovane e con operazioni di mercato finalmente lungimiranti (e fortunate), cominciava a mettere insieme i pezzi di una storia bellissima. La Seconda Grande Inter. Con Julio Cesar, mai sentito nominare, in porta. Con Maicon, uno che giocava in Francia, sulla fascia destra. Sarà difficile trovarne altri due così. Un altro Julio, difficile. Soprattutto un altro Maicon, direi, per come ha interpretato la sua missione in campo, molto più che un terzino, molto, moltissimo.

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Della finale di Madrid se ne sono andati via in cinque. Se consideriamo Thiago Motta, il dodicesimo uomo di quell’Inter lì, siamo a sei, la metà. Il cambiamento adesso è significativo. Siamo stati prigionieri di questa meravigliosa squadra, di questa meravigliosa foto scattata in quella meravigliosa sera, in cui abbiamo toccato il culmine della Storia e – appunto per questo –  contemporaneamente vissuto la fine di un’avventura pazzesca che non poteva essere replicata, anche se non abbiamo fatto altro che sognarlo e implicitamente chiederlo ogni giorno alla nostra Inter. Ci siamo aggrappati ai nostri campioni, al loro valore, alla loro gloria. Ai loro rinnovi, ai loro prolungamenti, ai loro sette zeri e qualche volta otto. Non poteva più funzionare. E finchè va via Eto’o (fantastico mercenario), finchè ti salutano Pandev e Motta (due belle meteore), finchè parte Lucio (e finisce dalla parte sbagliata), vabbe’, tutto sta nelle cose. Per Julio Cesar e Maicon, invece, la parola dispiacere non è sprecata. E’ davvero un pezzo di Inter che se ne va. Un pezzo della tua Inter, un pezzo dei cinque scudi, di Madrid, di Budhabi.

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Però è da qui, da cambiamenti del genere, anche un po’ brutali, che nasce la nuova Inter. Viene il momento in cui tu devi mettere in porta un altro che non sia Julio, che tu faccia sgroppare sulla fascia un altro che non sia Maicon. Sembra incredibile, sì, ma prima o poi sarebbe accaduto. E quest’anno, in questo preciso momento, io la vedo non solo come la struggente rinuncia a due campionissimi, ma come una prepotente occasione di cambiamento per noi che restiamo qui, come sempre. Mi piace l’Inter che sta nascendo, un po’ per amore e un po’ per forza, un po’ per i bilanci e un po’ perchè bisogna guardare avanti. Nella serata delle lacrime per Julio, trovo tremendamente suggestivo il gol al 92′ di Guarin che sradica un pallone a centrocampo, punta la porta e un paio di avversari e poi la mette dentro. L’ho interpretato come l’urlo liberatorio di una squadra che sta girando pagina con una voglia che da qualche tempo non si vedeva a San Siro. Voglia, sì. Voglia, grinta, orgoglio. Così si può andare oltre l’imperfezione. Ciao Julio, ciao Maicon, tocca agli altri: io ci credo.