RICOMINCIAMO

SEDUTA DI AUTOANALISI RISOLUTIVA

IN UNDICI CLIC

primo clic

Io sono rimasto là fino a poco fa, quando ho preso il coraggio a due mani e mi sono detto: basta, adesso ne esco, punto. Sono rimasto inchiodato per quasi 90 giorni – e come poteva non essere così? – all’istante più intenso e sbalorditivo che ho vissuto da quando assumo l’oppio moderno dei popoli, cioè il calcio. Sono stati tre mesi di sguardi ebeti e sospiri da tifosotto innamorato, in cui ho saltato a piè pari un mondiale che in altri tempi e in altre età e in altri stati d’animo avrei probabilmente imparato a memoria, come gli altri. Ma mi sono trovato subito nella lucida e inequivocabile condizione in cui nulla e nessuno avrebbe potuto farmi provare la stessa cosa.

secondo clic

Cosa poteva esserci di meglio che un momento così, provato direttamente sugli spalti in cui finalmente succedeva la cosa che stavamo aspettando da 45 anni, in mezzo a un muro umano di gente come me, impaziente di vivere un momento così, di cacciare un urlo così?

terzo clic

Sono stati 90 giorni difficili. Perché se nulla – e ormai era assodato – poteva davvero più darmi un’emozione del genere

quarto clic

allora dovevo riconsiderare un po’ tutto. Come del resto stavo facendo, in effetti. Riconsideravo. C’è stato tutto un mondo che mi si è sgretolato davanti e ha perso significato. Le immagini di sessanta  e passa partite del Mondiale mi sono scorse davanti agli occhi come fossero un film cecoslovacco sottotitolato in tedesco, o una lezione notturna di Rai Nettuno, o un dibattito tra filosofi della politica uzbeka. Come se stessi guardando un monoscopio. E invece era un Mondiale. Certo, passare da Mourinho e Milito a Lippi e Cannavaro, voglio dire, avrebbe fatto appassire anche la verga di Siffredi. Ma mi sono accorto che dopo tutto questo, l’istante più clamoroso da quando ho coscienza dell’esistenza del pallone e dell’Inter, questo istante qui

quinto clic

nulla aveva non dico un significato, ma almeno un brilluccichio di emozione, un fremito un tantinello profondo. Anche scrivere di calcio mi è venuto difficile in questi tre mesi. Calcio, what calcio? who cares? Il calcio per me era quello là

sesto clic

e il resto era un’altra cosa, una cosa diversa e che comunque non mi riguardava. Ma poi ho realizzato che noi non siamo come quelli che hanno calcolato con esattezza i 45 anni della nostra attesa, e che adesso sono lì che aspettano che cadano le briciole dal nostro piatto. Noi non vogliamo (più) vivere di ricordi. Abbiamo fatto refresh di qualsiasi cosa e allora andiamo avanti, anche se tutto quello che abbiamo visto e vissuto e profondamente assunto

settimo clic

rimarrà scolpito nei nostri cuori. Scolpito, certo, e indelebile. Ma senza bisogno di diventare nostalgici. Il calcio e l’Inter per me saranno sempre questo: alzare il culo mentre qualcuno punta la porta e farsi scoppiare il cuore quando la mette, come il Principe a Madrid, qualche metro sotto di me, nella bolgia più bella e palpitante in cui mi sia mai trovato. La stagione del triplete è stata pazzesca e la racconteremo ai nostri nipoti. Ma è finita. E sabato, ufficialmente, ne ricomincia un’altra. E allora ecco cosa ho fatto. Mi sono messo davanti al pc e ho recuperato frammenti, diverse angolazioni. E anche diverse prospettive. Io ero a Madrid ma c’era gente come me che palpitava ovunque.

ottavo clic

E così mi è piaciuto controllare dove stavano gli altri nell’esatto istante in cui io venivo sballottato dall’orgasmo nerazzurro tra i gradoni del Bernabeu

nono clic

e ho passato un’intera notte con i lucciconi a guardare Milito che la metteva e la gente che urlava e piangeva come tutti noi a Madrid

decimo clic

non capendo nemmeno più se mi commuoveva di più risentire l’urlo pazzesco del Bernabeu al gol di Milito o vedere gente che si abbracciava in piazza o in salotto

undicesimo clic

lasciandosi affogare dalla gioia e dalle lacrime, perché dovunque fossimo eravamo davvero un tutt’uno, nella più bella notte che ci potesse mai capitare.

Al termine di questo processo mi sono sentito più sereno. Non c’è bisogno di riavvolgere il nastro, nè di archiviare. E’ tutto terribilmente vivo. Basta girare pagina: mica si butta via il libro, no? Bene, adesso si può davvero ricominciare. Ciao Madrid, e grazie: ma ora abbiamo da fare. Viva l’Inter, e che fortuna sfacciata che abbiamo ad essere così, ad essere questa cosa qui.

 

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