MARATONA -2

LA FOTOGRAFIA

 

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Che roba, il podismo. Io praticamente ho iniziato a correre sotto l’effetto di alcune suggestioni (la passione per l’atletica, la ricerca della novità, la sfida dei quarant’anni, la costruzione di un’impresa, l’esempio di Linus e Gianni Morandi, i racconti di Doug) e con il preciso obiettivo di trovarmi prima o poi dentro la fotografia lì sopra, come in effetti un giorno è accaduto. Un giorno, anzi, un momento atteso per molti anni (perchè anche prima che iniziassi a correre, e non ce l’avevo nemmeno nell’anticamera del cervello, le immagini della partenza dal ponte di Verrazzano mi mettevano sempre i brividi alti così, e l’arrivo in Central Park anche di più). Eppure quel tizio con la maglietta con scritto “Roberto”, come si nota, taglia il traguardo e non esulta. Anzi, sembra dire “mano male, basta, fuck you”. La meravigliosa maratona di New York, racchiusa in una bellissima vacanza ‘mericana con tanto di elezione di presidente abbronzato vissuta ad Harlem, ha coinciso con una delle mie peggiori giornate podistiche. in assoluto. Ho ancora gli occhi e il cuore pieni di quella corsa, ma fatico a ricordarmi a memoria (4h 28 e qualcosa) l’orribile cronometraggio.

ArrF03886.jpgHo imparato proprio prima e dopo New York che il podismo è una scienza quasi esatta e la maratona la miglior dimostrazione di questo postulato (figa, dai, ma in quale blog leggete mai la parola “postulato”?). A parte gli imprevisti di giornata (un’indigestione, una storta, una bronchite, un meteo bastardo), tu corri una maratona nell’esatto modo in cui l’hai preparata. New York l’avevo preparata male (troppo distratto, il coming out, il libro uscito da un mese, un para-infortunio a fine luglio trascinato per settimane) e l’ho corsa male. Padova, sei mesi dopo, l’ho preparata bene (uno sterminio di chilometri, lenti ma inesorabili) e l’ho corsa bene. Si vede tutto dalla fotografia finale: a Padova arrivo a braccia alzate in 3h 44′ 56″ (questo lo ricordo bene), tre quarti d’ora in meno di New York. Arrivo e non penso “meno male, basta” ma “evvai!”, sprintando per stare sotto le 3h 45″, un piccolo muro abbattuto per noi podisti poveri ma dignitosi.

Dopodomani la mia sesta maratona arriva a duecento metri da casa. La Milano-Pavia (che di solito è di 33 km, ma quest’anno elevati per la prima volta anche a 42,195) è una corsa ipnotica lungo il Naviglio, una specie di lungo rettilineo dove devi pensare poco, e comunque non cose del tipo “adesso vado avanti così fino alla prossima curva” perchè di curve ce ne sono zero, e i chilometraggi dei cartelli stradali ti ingannano e i pescatori ti guardano male. La Milano-Pavia, per uno di Pavia, è terribilmente affascinante perchè la mattina presto – che è ancora buio e scendi le scale in fretta deglutendo l’ultima fetta biscottata con il miele – ti imbarchi su un pullman, ti fai portare a Milano e da lì torni a piedi a Pavia, una specie di penitenza che fa molto podismo. E’ la corsa più noiosa del mondo ma ha un suo perchè, uh se ce l’ha. Qui la odiano tutti. A me piace da morire.

Sono preparato? Non lo so. Ho corso meglio rispetto a questa primavera, ma un po’ meno. Quindi prevarrà quel briciolo di qualità in più, o – negativamente – quei chilometri che non ho fatto? Basteranno tre lunghi, oppure finirò la benza com’è naturale dopo il 30mo e arrivederci e grazie, rassegnato a un lento trascinarsi all’arrivo? L’aver scoperto che il podismo è scienza quasi esatta mi ha regalato un’iniezione di curiosità verso questa disciplina che affronto sì con spirito di sacrificio, ma anche con quella predisposizione un po’ naif che mi distingue dai fachiri e dagli esaltati. Corro da cinque anni e da cinque anni miglioro i miei tempi, anche perchè l’ho fatto con leggerezza e a piccoli passi. Ho placato la bulimia da record gestendo la mia solenne imperfezione: questo mi consente di avere ancora margini di miglioramento.

Come tutto questo si sia infilato nelle pieghe della mia indolenza, boh, non lo so. La domenica dormo cinque ore, mi alzo al suono della sveglia, mi vesto e vado a correre nei posti più disparati della Padania. Durante la settimana colgo al volo quelle due o tre ore libere e come Clark Kent passo dagli abiti civili a quelli tecnici in un amen, appiccio il Garmin e vado. Da cinque anni il pigro Settore si allena tre volte la settimana. Davvero, non so cos’è. Anzi, lo so. E’ il podismo.