GERVISIONI

DAMMI TRE PAROLE

Ingiustizia. A volte ci sono modi di dire o iperboli che si realizzano. Tipo, non so: sono andato in quel tal posto e c’erano quattro gatti. Di solito intendiamo dire che c’era poca gente, ma chissà, una volta nella vita ci capiterà di andare in un posto e trovarci davvero solo quattro gatti, 4 micini, four cats. Ecco. Domenica sera a San Siro si è sostanziato il detto “quel rigore l’ha visto solo lui”. Il che non è un evento unico nella storia del calcio, ma certo piuttosto raro. Nessuno allo stadio – nè tantomeno dal divano – si è accorto di nulla. Gente che andava a battere il calcio d’angolo, altra che chiacchierava, altra che gli sembrava di aver sentito un fischio ma sicuramente si era sbagliata. Le gervisioni diventano una categoria del pensiero. Nemmeno l’infamia intellettuale di un fallo di confusione, o l’approssimazione di una decisione frettolosa, oppure – cosa che capita per ovvi e comprensibili motivi – un’errata valutazione su un fatto oggettivo. No. Non era proprio successo niente. Tanto che – con analogo sconcerto – per lunghi minuti si era pensato a un fallo (inesistente) di Ranocchia. E invece era un mani (inesistente) di Samuel. Tutto inesistente. Visioni.

Io l’ho sempre detto e lo ripeto anche in questi momenti amari e convulsi. Ai complotti non ci credo. Proprio non riesco a crederci. Perchè complottare contro la quinta in classifica, poi? Le tesi bonolisiane sono affascinanti ma fin troppo apocalittiche. Que viva Bonolis, occhei, ma sarà così? Boh. Vabbe’, ma io sono notoriamente uno zuzzurellone. Il problema è che in dubio pro reo nel calcio, e in particolare all’Inter, non si applica. Mi sembra di avere visto un fallo di mano, non ne sono per niente sicuro – non posso esserne sicuro -, e però vaffanculo, sapete che vi dico?, il rigore lo dò lo stesso. In questo caso, che la squadra danneggiata sia l’Inter non è casuale. Lo dice la storia, anche quella recentissima. Lo dice una striscia di 20 partite senza avere un rigore a favore. Lo dice una triste constatazione: se si dà un rigore di questo genere – non un rigore qualsiasi, ma un rigore come quello di domenica sera allo stadio Meazza, un rigore che nasce come frutto di un dubbio e di una visione prospettica impossibile –  la squadra danneggiata conta meno di zero. E’ un rigore disonesto, perchè non può essere un rigore sicuro, e nemmeno ragionevolmente sicuro. E’ un rigore immaginato. Per carità, si può vedere male, capita a ogni arbitro in ogni partita. Però, se vedi male, se vai a intuizione, il rigore lo dai? Vale il rigore indiziario? E perchè con l’Inter – al netto di complotti a cui non credo, quindi bisogna usare un altro concetto – vale tutto?

Sfortuna. Si è infortunato Cassano. Dopo Milito e Palacio si è infortunato anche Cassano. Uno dopo l’altro, e ora le degenze coincidono. E’ sfiga epocale. Che però capita al reparto strategicamente peggio gestito nella storia del calcio, quello del famoso vice Milito che mancava da subito, di Pazzini giubilato e non sostituito, di Rocchi comprato a gennaio per farlo giocare davvero ad aprile, di Livaja ceduto anche se serviva come il pane (ha giocato titolare in Europa anche quando le punte erano sempe poche, ma c’erano tutte). E quindi, se la sfortuna ci ha massacrato, non dimentichiamoci di quanto siamo coglioni. A proposito di detti e proverbi: chi è causa del suo mal pianga se stesso.

Errori. L’arbitro ha rimesso in partita l’Atalanta, non c’è dubbio, riaprendo una partita chiusa. Un danno gravissimo e reale, tangibile, solare. Ma per chi si sta ancora macerando tra tesi complottistiche e progetta monumenti al nuovo caro leader (Paolo Bonolis), consiglio di rivedersi i tre gol su azione subiti dall’Atalanta, quei gol che ti fanno dire “ma santa madonna, dove vogliamo mai andare?” anche quando ti hanno appena scippato la partita. Non ci si può nemmeno indignare in pace. Questo è il nostro supplizio.

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