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UN SALUTO E VIA

Il 18 dicembre 1988, verso la metà del secondo tempo di un Inter-Juve che finirà 1-1 (per inciso: gol regolare annullato a Mandorlini) (no, per dire) (vabbè, comunque avremmo vinto lo scudetto con il record di punti), tutto lo stadio si alzò in piedi applaudendo quando Spillo Altobelli, con indosso un’orribile maglia che non era la nostra, venne sostituito e corricchiò verso gli spogliatoi facendo ciao ciao con la mano ai suoi ex tifosi. Altri tempi: non c’era il teatrino del riscaldamento in campo, si entrava appena prima di iniziare a giocare e fu quello l’unico vero momento in cui tutti – e io tra di loro – riuscirono a rendere il giusto omaggio a un centravanti che era rimasto nel cuore e nell’anima nonostante quel trasferimento contronatura.

Altri tempi, già. Mi accorgo (dall’addio è passato poco più di un mese, in fondo) che tutto l’afflato sportivo ed emozionale con cui pensavo ai tre anni di Ibra in maglia nerazzurra sta già svaporando, e nemmeno troppo lentamente. Ma è chiara la ragione: Ibra non è uno Spillo, per rimanere all’esempio di cui sopra. Ibra è stato un giocatore meraviglioso che ha fatto cose meravigliose con la nostra maglia, mettendo la firma (insieme agli altri) a tre scudetti. Sugli ultimi due, la sua firma – va rimarcato fino alla noia – non è fatta a penna Bic ma con un pennarellone a punta spessa, perchè dal piovoso pomeriggio del Tardini alla festosa notte di Udine e poco più in là, fino al tacco di Inter-Atalanta, il suo peso specifico si è sentito (come dire?) parecchio. Ho due pensieri precisi: 1) è uno dei più grandi che ho mai visto giocare in nerazzurro, e 2) non ne sento minimamente la mancanza a poco più di un mese dalla dipartita. Semplice, perchè Ibra non è uno Spillo.

Ibra, fantastico giocatore e ottimo professionista, ha timbrato il cartellino, incassato il dovuto e se n’è andato altrove a spargere la sua sapienza calcistica. In particolare: se n’è andato dritto nel posto in cui voleva andare, nel posto che sognava, tanto da dispensare i larghi sorrisi che a noi centellinava e tanto da baciare la maglia prima ancora di indossarla e di sudarci dentro, un gesto un po’ così, che diventa solenne se lo fa uno Zanetti dopo 90 minuti e una bella vittoria, ma diventa una cagata se lo fai davanti a dieci fotografi che te lo chiedono appena sceso dall’aereo e ancora prima di calpestare un qualsiasi prato.

Ibra è felice, buon per lui. Ibra è stato uno dei nostri, servendo la causa, ottenendo grandi risultati e regalandoci perle inenarrabili, e quindi va ringraziato a prescindere. Ringraziamolo una volta per sempre. Fossi a San Siro, mi alzerei in piedi appena lo vedo sbucare dal tunnel. Un applauso, un coro, un saluto. Ibra è Ibra. Poi stop. Dal momento in cui tornerà negli spogliatoi dopo il riscaldamento, il giuocatore Ibrahimovic Zlatan diventerà una maglia blaugrana su sfondo verde, quindi sostanzialmente nemica. Reso il doveroso omaggio, potremo tutti girare pagina: con Eto’ e Milito là davanti, francamente, perchè fare i nostalgici di quel simpatico nasone?

ibrahimovic-barcellona-2009.jpg
EXultima modifica: 2009-09-16T15:18:29+02:00da admin
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