PODISMO CAMPESTRE

SETTOREH TU PATULAE RECUBANS

SUB TEGMINE FAGI

Ho un rapporto difficile con le campestri, e loro con me. Farei tranquillamente a meno delle campestri, simbolo del podismo invernale e scomodo e umido e stoltamente prestazionale. Vado a una campestre se: a) c’è poco fango, b) non c’è neve, c) non è troppo lontana e d) ho le palle che girano per il verso giusto. Per la coincidenza positiva di tutti questi motivi, ieri mattina mi rassegnavo a recarmi in località Big Sands per la prima garetta Fidal stagionale, che segnava vieppiù il mio esordio nella nuova categoria, Uomini Podisti Nerds di Mezza Età. Correvo l’ultima batteria, e così: ho dormito mezz’ora in più, ho raggiunto Big Sands in tutta calma, ho fatto pubbliche relazioni, mi sono scaldato senza fretta e ho raggiunto la partenza con tale nonscialàns che quasi la mancavo. Erano già tutti schierati, mancavo io. Giusto il tempo di allinearmi e pum!, si parte.

Io ormai sono vittima del mio vezzo: parto in ultima posizione, in omaggio al mio idolo Mariano Scartezzini. Lascio che gli altri sgomitino per guadagnare mezzo centimetro mentre io, dietro, mi avvio alla contesa tipo Lord Brummel e mi godo lo scenario di culi che sgomitano (un assurdo anatomico). La gara è su due giri, totale 6,5 chilometri. Nei primi quattrocento metri assaggio il terreno e, assaggiando, mi accorgo che ho già superato dieci persone. Ohibò, mi dico, sembro proprio Scartezzini. Rimonto, cioè. Prendo un ritmo allegro, affronto la salita (una salita telescopica, un pezzo, poi tre metri di piano ristoratore e poi un altro pezzo, più lungo), supero in scioltezza The Strong e, una volta scollinato, mi accorgo che – mentre i primi sono già anni luce avanti – mi trovo nel bel mezzo di un gruppetto di miei abituali competitor.

E io, tra di voi.

Incredibile, mi dico.

Minchia, sembra la Cinque Mulini. Il gruppetto si dà battaglia. Inizia la discesa, il mio corpo risponde adeguatamente, supero addirittura Johnny Storm e affianco Perdenzio. Sì, Perdenzio. Lo guardo e gli dico:

“Tranquillo Perdy, sto facendo lo sborone perchè c’è la discesa. A dopo”.

In realtà la discesa finisce ma le mie gambette continuano a mulinare. Mancano ancora 4 km alla fine e sento il respiro di Johnny e Perdy allontanarsi dalla mia nuca. Vado che è una meraviglia. Aggancio e supero Walter Nudo (unico atleta dell’emisfero boreale ad affrontare le corse in canotta e pantaloncini il 6 gennaio come il 15 luglio), poi supero anche un tizio che corre come se stesse cagando sulla tazza.

Amo le campestri.

Sono colto da questo pensiero impuro in piena ebbrezza da sorpassi. Mentre imbocco il secondo giro, mi accorgo che Perdy è scomparso nella tundra e Johnny Storm non molla ma arranca. Tutto ciò mi inorgoglisce. Nel mentre supero un altro tizio, un ragioniere, che mi fa:

“pant, pant, pant… quanti giri sono?”

“Due, gringo”.

“Ah! pant pant pant”

Chiamo il 118? volevo dirgli, ma mi limito a passarlo con una scioltezza imbarazzante e lo lascio ai suoi dubbi esistenziali. Vado alla stragrande. C’è di nuovo la salita, ma non mi spaventa, la conosco. Piano piano vado su, lento e inesorabile. Non mi supera nessuno. Due o trecento metri più avanti mi pappo anche El Flaco poi – rullo di tamburi – aggancio anche Little House. Mi riposo 15 secondi per godermi la scena, poi ingrano la marcia e supero anche lui. Manca un chilometro e mezzo. Johnny Storm – un duro – non molla ma è a distanza di sicurezza. Mi metto dietro un tizio che non prenderò mai, ma che mi farà da metronomo fino all’arrivo. Taglio il traguardo con grande soddisfazione, 4′ 34″ di media, una sciccheria. Arriva poco dietro Johnny Storm che mi fa i complimenti, arrivano tutti gli altri alla spicciolata compreso un incredulo Perdenzio, che mi stringe la mano.

Il podista etiopo-vogherese Settoreh ora fa paura anche nelle grandi distese erbose. L’obiettivo non è più il solito quartultimo posto di categoria. L’obiettivo è (rumore di tuoni) scollinare la graduatoria verso il Grande Centro. Il podismo padano ritrova un protagonista. Modesto, ritardatario, pieno di pandoro ma protagonista. Viva l’Inter, viva l’odore della terra, viva la libertà, Juve merda vaffanculo. 

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(nella foto, l’erede di Mariano Scartezzini al via della classica di Big Sands)

PODISMO CAMPESTREultima modifica: 2013-01-07T12:00:00+01:00da admin
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