INTER-SAMPDORIA 3-2

BIG MATCH

Strama aveva ragione: il big match – l’oggettività del big match – bisognava guadagnarselo. E non è solo questione di aver vinto la partita e di aver tenuto il passo della Juve. Conta il come. Tornare in campo dopo l’intervallo sotto di un gol e da lì in poi metterne tre, ecco, è un bel modo per dire che ci siamo, che andremo a Torino a giocarcela e non per modo di dire. In ogni capitolo di questa serie positiva c’è sempre stato un passetto in più, ogni volta. Anche con la Samp. E sul divano mi sono abbandonato a una sensazione antica: quella della non-preoccupazione. Stiamo perdendo? Embè, segneremo, rimonteremo, c’è tempo. Sto facendo a meno degli Orociok. Gli analisti della Saiwa lo sanno e stanno puntando su altre fasce di consumatori per non far calare il fatturato.

C’è un’aria strana. Bella, voglio dire. Non mi sento in dovere di chiedere a questa Inter di vendere cara la pelle al Latta Stadium, di giocare con i coglioni sguainati, di mettercela tutta: so che lo faranno. Che non vuol mica vincere, per carità. Però mi sono rimaste in memoria un po’ di brutte partite contro la Juve, partite timide, partite rinunciatarie, partite lasciate a metà. Ed è sofferenza, perchè che per me Juve-Inter è il big match, comunque sia. Quando ci arrivi da seconda contro la prima, è un big match vero. Quando ci arrivi con otto vittorie consecutive, è un big match senza ombre di dubbio. Quando ci arrivi in uno stadio ancora non violato e contro una squadra che non perde da tempo immemore, è un big match superaccessoriato. Vorrei solo vedere lo stesso spirito, la stessa applicazione, la stessa ambizione. Poi – ad armi pari, mi auguro – vinca la migliore. Due mesi fa mi sarei seriamente preoccupato. Oggi anche l’Inter è così. Migliore.

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